Storia della chitarra

La chitarra attraverso la Storia

Innanzitutto cos’è la chitarra .. in parole povere!

La chitarra – detto così in generale – è uno strumento musicale che appartiene alla categoria dei cordofoni. Essa è costituita da un manico (tastiera) e da una cassa armonica con fasce piatte. Entrambi hanno il loro punto di attaccatura delle corde: piroli registrabili sulla paletta all’estremità del manico, e ponticello (generalmente fisso) sulla tavola armonica della cassa.

Per ottenere il suono occorre pizzicare le corde facendole vibrare con le dita (unghie e/o polpastrelli), o con il plettro. Il suono così generato, ottenuto, con toni variabili, dipende da diversi fattori fra i quali ne ricordiamo soltanto i principali: il diametro della corda, la tensione della stessa e la sua lunghezza variabile.

  1. Il primo (diametro della corda o spessore) rimane fisso sin dalla prima scelta e non è registrabile. Lo spessore più grosso è quello del Mi basso, mentre quello più piccolo appartiene al Mi cantino..
  2. Il secondo (tensione) si può regolare agendo sui registri della corde, la cui regolazione viene fatta periodicamente (accordatura della chitarra), talvolta anche con alcune preferenze personali. Aumentando la tensione delle corde si ottengono toni più alti. La normale accordatura è quella che – partendo dai toni bassi – corrisponde alla sequenza Mi-La-Re-Sol-Si-Mi.
  3. Il terzo (lunghezza variabile) si ottiene accorciando (o allungando) via via la corda proprio in fase di esecuzione del pezzo musicale, praticamente suonando, sia per studio che in esibizione estemporanea. Questo è permesso dalle barrette sul manico, che formano un abbondante numero di tasti. La mano sinistra, che si muove sulla tastiera (talvolta anche a velocità strepitose), accorcia o allunga la parte di corda pizzicata fino al raggiungimento della lunghezza originale, che mai potrà essere superata.

Lo strumento degli antichi egizi può essere paragonato alla nostra chitarra?

Nell’antico Egitto, nel periodo della regina Hatshepsut – più o meno nel 1500 a.C. – la cantante Egizia Har-Mose nelle proprie esibizioni canore si accompagnava con uno strumento musicale a 3 corde.

Quella chitarra, se così la possiamo chiamare (personalmente credo di no) aveva una cassa di risonanza di materiale ligneo (cedro levigato) fasciata con cuoio.

Possiamo definirla, almeno, come modello ancestrale della chitarra? Forse! (Ma è sempre un’affermazione personale).

Più tardi l’uso di questo strumento musicale, assai maneggevole e pratico, con l’aggiunta di una quarta corda, si diffuse nelle popolazioni mesopotamiche, quindi nel continente europeo.

Secondo le varie filosofie, assegnare un preciso periodo alla nascita della chitarra è assai difficile! Per alcuni del settore, gli strumenti a corde sono sempre esistiti nella Storia dell’uomo.

Storia della nostra chitarra

Andando indietro nel tempo, cavalcando a ritroso quello nostro, incontriamo le prime antenate della chitarra (a quattro e cinque corde) già nel periodo medievale. Leggermente diversi, ma sempre avvicinabili ad esse, erano i liuti persiani a quattro corde.

La chitarra medievale ebbe la sua prima evoluzione ed espansione nel periodo barocco. Dal Seicento, infatti, iniziarono ad apparire i primi progetti con le innovazioni di Antonio de Torres (spagnolo) da cui nacque il prototipo, ben più voluminoso, assai prossimo alla chitarra classica moderna [Allorto, pag. 5, anno1990].

L’allargamento della cassa armonica e la buca sulla tavola anteriore si resero necessari per compensare la perdita di sonorità dovuta al fatto che l’antico strumento fosse a doppia corda.

Gli antichi definivano il loro strumenti a “quattro cori”, “cinque cori”, “sei cori” quando avevano rispettivamente otto, dieci o dodici corde. Quindi un coro comprendeva due corde ed aveva lo scopo di produrre un tono più armonico e sonoro [Radole, pagina 127, anno 1997].

La chitarra a sei corde singole iniziò piano piano a diffondersi già in quello stesso periodo, sostituendo lo strumento del tipo barocco. La nuova chitarra, ben più voluminosa e robusta, risultò anche più facile e confortevole nell’uso, con apprezzabili sonorità, nonostante la mancanza di accoppiamenti di corde.

L’apparizione della chitarra a sei corde

Alla fine del Settecento nel meridione della nostra penisola furono i liutai napoletani a fabbricare le prime chitarre a sei corde. Queste apparvero con la cassa armonica assai meno ingombrante di quelle del secolo precedente.

Il legno impiegato era di acero e di albero da frutto. Esiste ancora la chitarra “napoletana” più antica, costruita da Antonio Vinaccia, che risale al 1764. Essa appartiene ad una longeva famiglia di artigiani-liutai napoletani.

Chitarra a sei corde realizzata nel 1795 da Gian Battista Fabricatore
Chitarra a sei corde realizzata nel 1795 da Gian Battista Fabricatore. Si trova a Milano nel Museo degli strumenti musicali (foto da Wikipedia)

Osservando la chitarra di Gian Battista Fabricatore del 1795 (si veda la foto riportata in alto), sia nell’insieme che nei dettagli, si presenta più o meno con le stesse caratteristiche del nostro odierno strumento.

Nel corso del XIX secolo l’arte della liuteria raggiunse livelli raffinatissimi.

I pionieri napoletani Giovanni Battista e Gennaro Fabricatore lasciarono un’enorme impronta nella transizione tra i liuti del Settecento e quelli a loro contemporanei, passando definitivamente alle sei corde singole.

Altrettanto si può dire della dinastia Guadagnini nel Torinese che acquisì un meritato valore di prestigio.

A Cremona, Carlo Bergonzi, attivo nel periodo a cavallo tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento, mise a punto alcune caratteristiche chitarre a 6 corde.

Anche in Spagna, considerata la culla della chitarra, nello stesso periodo, o poco dopo, lo strumento a 6 corde singole incominciò a diffondersi a macchia d’olio, soprattutto a Malaga e Siviglia.

In Francia, intorno al 1820, prende forza anche grazie al liutaio Renѐ François Lacôte, che divenne in poco tempo uno dei più apprezzati strumenti a corde dai coevi maestri di chitarra, tra cui citiamo Ferdinando Carulli e Fernando Sor.

Le integrazioni di Antonio de Torres

I primi strumenti a corda che testimoniano gli studi del De Torres risalgono al 1854 e già comprendono tutte le caratteristiche dell’attuale chitarra classica.

Fu lui il primo a prendere in considerazione l’importanza della tavola armonica, ampliandone la superficie e trovando l’ideale posizionamento del ponticello (punto in cui le corde risultano alla loro massima larghezza). Si veda a questo proposito la pagina che chiarisce l’intonazione della chitarra.

Applicò tre catene trasversali alla tavola, due sopra la buca e una sotto di essa. In quest’ultima, in corrispondenza del ponte, si evidenziano sette raggi simmetrici a ventaglio.

Più tardi (1862) Antonio de Torres realizzò una chitarra alla quale applicò fasce e fondo di cartone a scopo dimostrativo dei suoi studi sull’importante influenza dell’incatenatura sulla tavola armonica. Le moderne misure del manico, nonché la tastiera e la forma del ponte rispecchiano ancora le tesi del Torres.

La chitarra folk

Una delle chitarre di Martin in stile Staufer
Una delle chitarre di Martin in stile Staufer (intorno al 1838), New York (foto da Wikipedia)

La prima chitarra folk fu realizzata dal liutaio tedesco Christian Frederik Martin dopo un proficuo apprendistato presso la bottega di liuteria della famosa famiglia Staufer di Vienna.

Nel 1833 Christian si trasferì a New York da Mark Neukirchen, allestendo un negozio a Hudson Street 196, dove svolse le sue attività di rivenditore (dettaglio e grossista) e importatore di strumenti musicali [Osborne pagina 204, anno 2012].

Qui si dedicò – oltre che alla riparazione di strumenti in legno – alla ideazione ed alla realizzazione di nuovi tipi di chitarre acustiche con corde di budello, la cui strutturazione seguiva il modello Legnani di Staufer[Allorto, pagina 9, anno 1990].

Nel 1920 la liuteria Martin era già abbastanza conosciuta e, nel 1838, con la nuova ed ingrandita azienda a Nazareth (Pennsylvania) Christian cominciò a dedicarsi alla costruzione di chitarre con corde metalliche (acciaio), stimolato soprattutto dai “musicisti country”.

Data la forza di tiraggio dell’acciaio, ben superiore a quella del budello trattato, la nuova chitarra richiese consistenti riadeguamenti su tutta la struttura della cassa. L’incatenatura, da parallela, passò ad incrociata a “X” (già realizzata intorno al 1850). Tale sistema lo troviamo ancora oggi nella maggior parte delle chitarre[Carta, pagina 20, anno 2011].

Nasce la chitarra elettrica

La chitarra, nel corso della Storia della musica, ha sempre avuto i suoi meritati apprezzamenti, sia per la qualità del suono che per le sue vaste versatilità.

Purtroppo si inseriva male nelle orchestre data la bassa sonorità di volume rispetto agli altri strumenti. Si doveva quindi trovare una soluzione … ma tale soluzione non poteva esistere senza l’avvento dell’elettricità.

Se si pensa che il primo rudimentale impianto elettrico – a cui seguì la distribuzione della corrente a livello planetario – fu realizzato nel 1889 (Westinghouse), si deduce che la “Storia della chitarra elettrica” parte da un passato alquanto recente.

La prima chitarra Gibson

Nella bottega di Orville Gibson, famoso liutaio statunitense, si effettuarono i primi esperimenti sui mandolini e, quindi, sulle chitarre.

I primi strumenti “modificati” apparvero con cassa arcuata e tavola a buca ovale. Per ottenere un suono più potente le corde di budello furono sostituite con quelle di acciaio. Si crearono in tal modo tutte le premesse per la cosiddetta “chitarra archtop” (chitarra elettrica).

Fu Lloyd Loar – progettista dei modelli di chitarra Gibson – che per primo, intorno al 1920-24, effettuò le prime prove di amplificazione elettrica, applicando rilevatori di suono in prossimità delle corde.

Un forte aiuto alla nascita della chitarra elettrica fu dato soprattutto grazie agli esperimenti di Adolph Rickenbacker che, nel 1931, inventò il pick-up elettromagnetico. Questo accessorio era in grado di rilevare e trasmettere gli effetti vibranti delle corde, trasformandoli in impulsi elettrici.

Il pick-up entrò subito in uso negli strumenti poveri di acustica, fra i quali naturalmente primeggiava la chitarra. Nacque così la chitarra “lap steel” (“frying pan guitar”) che fu diffusa in due modelli: A22 e A25 [Denyer, pp. 46-47, anno 2000.].

Il modello ES 150 della chitarra elettrica Gibson

Chitarra elettrica Gibson mod. ES 150 anno 1936-41
Chitarra elettrica Gibson mod. ES 150 anno 1936-41 (foto da Wikipedia)

Nel 1935 la casa costruttrice Gibson lanciò il modello ES 150. Si trattava di chitarra semiacustica con una normale cassa di risonanza, che al posto della tradizionale buca aveva le aperture formanti una “f” sulla tavola armonica. Il modello aveva un unico pick-up che comprendeva tutte le corde.

La nuova chitarra riscosse ampi consensi tra i chitarristi e finalmente, grazie all’amplificazione elettrica, incominciò ad avere più importanza nelle orchestre proprio per la sua ricca modulazione di volume.

Grazie al pick-up gli strumenti a corde poterono così inserirsi meglio, talvolta anche dominando con gli assoli, nelle formazioni dei tempi musicali e non subire più il sovrastante volume di altri strumenti di accompagnamento.

Perfezionamento della chitarra elettrica

Molte case costruttrici seguirono l’esempio della Gibson fabbricando nuove chitarre elettriche, amplificando di fatto soltanto il suono di strumenti con cassa armonica.

Ben presto però ci si rese conto che i pick-up applicati sulla cassa acustica producevano un suono con troppe armoniche, nonché il fastidioso effetto di “feedback”. Quest’ultimo era anche capace di uccidere i tempi delle battute soprattutto a ridosso dei cambi di tonalità: la cassa dello strumento (chitarra e generalmente tutti i cordofoni), infatti, entrando in risonanza con il suono amplificato (effetto Larsen), creava sgraditi echi armonici. Questi, talvolta, rendevano quasi impossibile il giusto scorrere della linea melodica. Inoltre si creavano fischi assai difficili a gestire. Tanto per rendersi conto del grado di fastidio di quei fischi possiamo paragonarli anche con quelli degli attuali strumenti amplificati quando cerchiamo di alzare il volume in maniera esagerata.

Si pensò quindi di sostituire la cassa acustica con un blocco ligneo massiccio. Fu Les Paul, chitarrista con alte risorse di creatività tecnica, che per per primo, nei laboratori della Epiphone, nel 1941 creò il prototipo senza la presenza di una cassa acustica (il famoso modello “The Log”). Il musicista-inventore lo propose alla Gibson dalla quale ebbe un solenne rifiuto.

La suddivisione del pick-up

Insieme ai pick-up si sviluppò anche l’amplificatore. Nel 1948, dopo approfonditi studi, il progettista di amplificatori Leo Fender pensò di dividere in due quell’unico pick-up, dando così una svolta definitiva alla chitarra elettrica. Dal suo laboratorio uscì, infatti, la chitarra “Broadcaster” con il corpo in legno duro e due due pick-up registrabili con possibilità di miscelazione.

La nuova chitarra elettrica si presentava con il consistente vantaggio di sveltire le fasi di costruzione e assemblaggio, che divennero assai più semplici.

L’inedito modello riscosse subito l’approvazione dei chitarristi ed il successo non poteva assolutamente mancare. Infatti la chitarra elettrica Broadcaster (l’attuale Telecaster), ancor oggi esce dai laboratori della Fender.

Oggi i pick-up sono disposti uno per corda.

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